Luca Giovanetto e la chiamata degli olivi: una passione diventata lavoro

Nativo di Montestrutto, 53 anni, è maestro potatore alla scuola nazionale. Frantoiano, a dicembre sarà anche assaggiatore per diventare un oleotecnico

SETTIMO VITTONE

Gli americani la definiscono the call, la chiamata. È un modo per descrivere quella condizione in cui una passione non indirizza semplicemente la vita di un uomo ma diviene la sua vita stessa.

Luca Giovanetto l’ha sentita e proveniva da un’arte antichissima: l’olivicoltura. Seguirla è stato naturale per questo 53enne nativo di Montestrutto proiettandosi nella continua acquisizione e nel costante approfondimento delle conoscenze riguardo a piante che sono fra le più antiche della terra.

 

Un percorso costellato di titoli accademici che lo hanno portato, nel 2010, all’iscrizione nell’albo dei potatori abilitati alla potatura dell’olivo sezione “professionisti” presso l’Assam Marche e alla nomina, nel 2020, a maestro potatore alla Scuola nazionale di potatura degli olivi. Oggi si divide fra quest’ultima attività e quella di frantoiano, gestendo l’impianto dell’Asspo di Vialfrè.

Nello scorso settembre un corso ad Aprol Umbria come tecnico di frantoio è stata l’ennesima tappa del suo cammino professionale. «Un frantoiano deve essere estremamente preparato dal punto di vista tecnico, agronomico e dell’assaggio dell’olio - dice Giovanetto - . Ecco perché a dicembre frequenterò un periodo di formazione per diventare anche assaggiatore. Con questa qualifica sarò, a tutti gli effetti, un oleotecnico, che è la massima figura che può operare in un impianto per la produzione di olio. Non serve avere una Ferrari se poi non la si sa condurre: occorre essere in grado di eseguire la trafila per la trasformazione in maniera tecnicamente ineccepibile, ponendo una meticolosa attenzione all’igiene durante tutte le sue fasi». L’esperto condivide alcuni dati sui fattori che influenzano l’eccellenza di un olio: «Il 35% dipende dalla qualità delle olive sane, il 25% dalla pulizia del frantoio, il 20% spetta alla macchina, il restante 20% alla pulizia dell’olio. Si comprende quindi quanto sia preponderante l’operato dell’uomo».

Le esperienze formative e professionali acquisite lo rendono ricercato: «Sta nascendo un impianto a Trino Vercellese e mi hanno contattato per condurlo. Parallelamente l’associazione valdostana olivicoltori mi ha offerto di ricoprire il ruolo di tecnico in un frantoio che sta per essere avviato in Valle».

Il futuro? «Nell’immediato mi dividerò fra essere tecnico di frantoio e completare la mia professionalità con l’acquisizione della qualifica di assaggiatore. Saper assaggiare un olio significa poter insegnare come si assapora, conoscerne le sue caratteristiche e le sue qualità salutistiche e nutraceutiche, e anche saper dare i giusti consigli a chi porta le olive per ottenere una produzione di qualità».

Questo piemontese è diventato un punto di riferimento dell’olivicoltura a livello nazionale. «Ricevo inviti dalla Toscana e dalle Marche. Porto in queste regioni le competenze maturate localmente, per poi acquisirne di nuove che diverranno parte del mio bagaglio al mio ritorno». La domanda se preveda di espandere la sua attività anche a livello internazionale sorge spontanea: «L’Italia è numero tre al mondo per l’esportazione dopo Spagna e Grecia, però è numero uno per la biodiversità con 400 qualità di olivi. I tecnici italiani sono quindi leader e paesi emergenti, come Tunisia e Marocco, li ricercano».

L’olivicoltura è stata pesantemente toccata dall’andamento altalenante del clima di quest’anno. «La primavera capricciosa nel centro nord ha ritardato la fioritura e poi il calore repentino l’ha danneggiata - rileva Giovanetto -.Rispetto ad altre annate solamente il 30% dei fiori si sono trasformati in olive e gli sbalzi delle temperature in estate hanno poi fatto si che il raccolto sia stato solamente il 50% di quello dell’anno scorso». Il velo di delusione lascia però subito spazio a una nota positiva: «Le olive sopravvissute sono bellissime e, se lavorate con la giusta perizia, possono generare un ottimo prodotto finale». Da Giovanetto un appello mirato a cambiare il destino dell’olivicoltura piemontese: «Occorre che sia riconosciuta a livello agricolo regionale. Un riconoscimento, attraverso l’esatto computo di quanti ettari siano occupati per questa coltivazione, consentirebbe l’accesso ai contributi e ai fondi europei. L’olivicoltura piemontese deve diventare strutturale».Un’efficace metafora paragona il vino all’olio: il primo è un solista, ossia gustabile anche da solo; il secondo è un orchestrale, ossia deve armonizzarsi col cibo, esaltandone il sapore ed elevandosi, in tal modo, al di sopra di un semplice condimento. Luca Giovanetto, a grandi passi, si avvia a divenire un sopraffino direttore d’orchestra. 

Settimo Vittone, Luca Giovanetto e la chiamata degli olivi: una passione diventata lavoro - La Sentinella (gelocal.it)